domenica 16 giugno 2013

IN CONCLUSIONE...

Siamo finalmente arrivati alla fine del nostro viaggio all'interno del microcosmo delle nanotecnologie. Durante questi mesi ho cercato di presentare al lettore un mondo ancora, forse, avvolto nell'incertezza, tra grandi possibilità annesse a ingenti innovazioni e forti perplessità legate ai pericoli che da esso potrebbero venire scaturiti.
L'obbiettivo di questo blog era quello di presentare il più possibile che riguardasse l'argomento delle nanotecnologie digitali, cercando di filtrare gli argomenti  attraverso il punto di vista di tecnici, scienziati e esperti nel settore, persone che di questo mondo ne hanno fatto il loro lavoro e la ragione di vita.
Ho inserito una grande quantità di collegamenti ipertestuali che saranno sicuramente utili per eventuali chiarimenti su persone o laboratori di ricerca e aiuteranno molto anche per un ulteriore arricchimento del bagaglio culturale di coloro che avranno letto questo blog. Le numerose immagini e i video, rigorosamente in lingua originale, hanno il fine di dimostrare e, soprattutto, manifestare la concretezza e il valore utilitaristico delle nanotecnologie.
Il mio è stato un blog perennemente incentrato sul presente e proiettato al futuro, ma non a un futuro lontano o quanto mai utopico, ma a un avvenire prossimo, nel quale ciascuno di noi sarà un degno protagonista e potrà, perchè no, portare avanti studi e conoscenze sviluppati a qualche anno a questa parte.
Probabilmente per trattare in modo esaustivo un simile argomento, quale le nanotecnologie digitali con annesse conseuenze e applicazioni, non basta di certo un blog nato e arricchito in quattro mesi, ma spero di aver fornito un buon viatico a tutti coloro che lo leggeranno per sviluppare e approfondire in futuro questo argomento molto affascinante e, cosa ancora più importante, di grande attualità ai giorni nostri che con ogni probabilità diventerà una pietra miliare del nostro futuro.
Tanto per iniziare mi sono permesso di fornire una breve introduzione a ciò che avrei presentato rispondendo all'ipotetica domanda: 'Cosa sono le nanotecnologie?' .
Il passo successivo è stato quello di fare una carrellata di parole chiave, con relative immagini e un breve commento, in un abbecedario.
Durante tutta la trattazione del blog ho sviluppato le applicazioni che le nanotecnologie digitali avranno nel nostro mondo e in diversi ambiti scientifici:
-Nanotecnologie applicate alla medicina
-Nanotecnologie al servizio dell'antico
-Nanotecnologie nell'arte
-La robotica degli "insetti"
-La 'guerra' (micro)tecnologica
-Nanotecnologie nel settore energetico
-Nanotecnolgie che sfruttano le risorse ambientali
-Nanotecnologie per le immagini del futuro
Oltre a questo ho proposto una breve notazione storica sulla nascita delle microtecnologie, una storia relativamente recente che vede il suo inizio intorno agli anni '50 che vide nel fisico Richard Feynman il vero iniziatore di tali studi e nella partecipazione di altri illustri personaggi il trampolino di lancio verso il futuro.
Tuttavia la tecnologia è fatta di materiali, di esperimenti e di strumenti all'avanguardia. La scienza e l'innovazione richiedono ingenti fondi per il loro sviluppo e, più in generale, di tutte le tecniche nanoscopiche.
La grande innovazione delle moderne tecnologie in fase di progresso sta, senza ombra di dubbio, nei nuovi materiali e nel loro utilizzo, uno fra tutti il grafene ma anche nei moderni dispositivi elettronici che riescono ad abbianare ridotte dimensioni a grandi prestazioni in efficenza, capacità e durata nel tempo. A questo proposito mi vengono da citare i transistor e i nanotubi in cabonio, dispositivi che hanno rivoluzionato il mondo dell'informazione e delle telecomunicazioni.
Molte volte la scienza in generale ci viene presentata secondo numerose prospettive; in tal senso ho ritenuto opportuno anche addentrarmi nel campo del cinema e dei fumetti per mostrare il mondo della microtecnologia da una visione laterale ma non per questo falsificata o labile.
Nella presentazione mi sono anche servito di un libro intitolato 'Preda', scritto da Michael Crichton e uscito nel 2002, che, tra le altre cose ha fornito un ottimo aggancio a un argomento molto delicato in ambito scientifico, ovvero quello dei potenziali pericoli riguardanti le nanotecnologie e i possibili danni che essere potrebbero causare alla salute dell'uomo, con il rischio appunto di diventare prede delle nostre stesse creazioni.
Ad ogni modo, nonostante già detto in precedenza, voglio ribadire che i mio intento era quello anche di vedere al di là, di cercare di prevedere come si evolverà il nostro futuro e i miglioramenti che le nuove applicazioni elettroniche e non solo porteranno alla nostra vita quaotidiana.  Mi sono spinto a esplorare quello che sarà il mondo dell'invsibile, del quale sicuramente l'uomo ne farà parte. Si è ipotizzato, naturalmente sempre appoggiandoci a solide basi scientifiche fatte di ipotesi, esperimenti e dimostrazioni pratiche, che anche l'uomo potrebbe diventare invisibile in futuro; si continua a studiare il movimento virtuale dell'essere umana attraverso la 'motion capture'.
Uno dei più importanti esperimenti che è in fase di messa a punto, senza dimenticare gl studi sul grafene, è condotto dalla IBM e riguarda la possibilità di creare un cervello arificiale che riproduca in laboratorio le attività di un comune cervello umano con velocità assai ridotte.
Di fondamentale importanza sono state le dichiarazioni di esperti in materia, grazie ai quali si è potuto analizzare da ancor più vicino il nostro mondo, una delle quali è stata quella di Ray Kurzweil che ha fornito una sua personale visione della nostra vita futura che potrebbe compiersi entro una trentina scarsa di anni.
Infine, come ogni presentazione che si rispetti, ho dovuto pensare a qualcosa che racchiuda in sè l'idea stessa del mondo moderno nanotecnologico. Non ci sono dubbi sul fatto che il mondo robotizzato di 'The matrix' faccia proprio al caso nostro, un mondo in cui compaiono robotica, intelligenza artificiale e dispositivi digitali all'avanguardia e che mostra l'avoluzione dei sistemi virtuali computerizzati.
Con questo breve riassunto ho veramente finito la mia trattazione. Spero di non aver annoiato i lettori e, anzi, mi sento il dovere di ringraziarli tutti pubblicamente dell'attenzione che hanno rivolto al mio lavoro.
Grazie a tutti!!!


La copertina del blog : IL MONDO DI 'THE MATRIX'

Senza accantonare gli illustri personaggi illuminati che hanno contribuito alla crescita e alla diffusione esponenziale delle nanotecnologie digitali, credo il mondo tecnologico rappresentato in 'The matrix' sia la giusta cartolina che chiarisca al meglio il micro-mondo all'interno del quale ci siamo addentrati. 
Alle spalle di 'The Matrix' ci sono tante domande che la filosofia e la religione si pongono da secoli. A questo substrato teologico e filosofico vanno aggiunti tanti elementi tecnologici che sebbene non forniscano una visione di insieme totalmente comprensibile e del tutto lineare, danno l'idea di un mondo interamente gestito da un computer, basata su elementi che a non restano del tutto estranei. La tecnologia di 'The Matrix' assomiglia molto a quella che abbiamo oggi a nostra disposizione. Un'evoluzione credibile - dunque - che fino in fondo ci mostra come chi usa i computer può prefigurare un know how tecnico molto avanzato e non necessariamente assurdo e inventato solo per realizzare un film. Un segno di sobria attenzione a non fare imbufalire i programmatori e gli utenti di computer di tutto il mondo, stufi di vedere cose che non capiscono o che risultano ridicole. E in più l'attento utilizzatore di Computer e Internet noterà una sottile e divertita parodia della Microsoft di Bill Gates e dei suoi sistemi. Gli Agenti della Matrice ricordano molto i vari programmini Agent di cui non si è mai capito il vero scopo e il fatto che inseriscano negli esseri umani degli insetti digitali (bugs...) questo fa pensare a qualcosa di veramente mirato e non del tutto inconscio. Confermato anche dal fatto che tutti i computer utilizzati dai ribelli sono visibilmente Mac.
La storia è lineare, ma non priva di fascino: Neo, un programmatore di computer (Keanu Reeves) viene ricercato da degli strani poliziotti per quello che lui crede abbia a che fare con la sua attività di hacker. Contattato via computer da uno strano personaggio di nome Orfeo, si trova di fronte alla scelta se seguire i consigli di quest'ultimo, oppure farsi arrestare dagli uomini che lo inseguono. Riuscito a sfuggire dopo un interrogatori brutale e surreale, incontra finalmente Orfeo (Laurence Fishburne) che gli rivela l'esistenza della Matrice, un supercomputer che in qualche maniera controlla il destino dell'intera umanità. Per saperne di più, Neo deve scegliere tra una pillola rossa che dona la verità e una blu che fornisce l'oblio. E dopo avere preso la pillola rossa, il giovane scopre che la realtà non è affatto quella che sembra. Come Blade Runner ha segnato il cinema non solo di fantascienza degli anni Ottanta, The Matrix segnerà certamente la nostra fine di secolo. Gli effetti speciali della nuova generazione hanno reso possibile qualcosa di assolutamente incredibile se non lo si vedesse. The Matrix non è un film nuovo nel vero senso della parola. È la contaminazione di diversi generi, è il riassunto, l'analisi, la digestione di decine, centinaia di film messi insieme, riveduti e corretti alla luce di una prospettiva filosofica, morale, politica e tecnologica assolutamente nuova. The Matrix è - senza ombra di dubbio - il miglior film di fantascienza di questo decennio e - al di là dei paragoni - l'unico che voglia raccontare tutto, ma veramente tutto del nostro secolo.
Come chiusura vi propongo quella che, senza ombra di dubbio, è la scena più famosa del film, un duello epico in cui la tecnologia la fa da padrone.
Buona visione...

 

venerdì 14 giugno 2013

Un tuffo nel... futuro

Il 61enne americano Ray Kurzweil, visto che la tecnologia informatica sta accelerando a una velocità incredibile, prevede che le nanotecnologie saranno in grado di sostituire molti dei nostri organi vitali tra 20 anni.
Kurzweil precisa che, sebbene le sue affermazioni possano sembrare inverosimili, pancreas artificiali e protesi neurali sono già disponibili.
Egli, così come molti altri scienziati, riteniene che in circa 20 anni avremo i mezzi per riprogrammare i nostri corpi in modo da poter fermare e poi invertire, l’invecchiamento. Infine le nanotecnologie ci permetteranno di vivere per sempre.
I nanobot andranno a sostituire le cellule del sangue e a fare il loro lavoro migliaia di volte più efficacemente.
Entro 25 anni saremo in grado di fare uno sprint olimpico per 15 minuti senza prendere fiato, o praticare di lo scuba-diving per quattro ore senza ossigeno.
Le vittime degli attacchi di cuore, che non hanno tratto vantaggio dalle cure disponibili, potranno avere un cuore bionico.
Le nanotecnologie estenderanno le nostre capacità mentali a tal punto che saremo in grado di scrivere dei libri in pochi minuti. E potremo guardare a un mondo in cui gli esseri umani diventano cyborg, con arti e organi artificiali.


Nei prossimi 25 anni, l'intelligenza non biologica eguaglierà la ricchezza e a raffinatezza dell'intelligenza umana  per poi superarla abbondantemente grazie a due fattori:la continua accellerazione del processo dell'informatica e lacapactà [delle intelligenze non biologiche] di condividere rapidamente il proprio sapere. Integreremo nanorobot intelligenti nel nostro corpo, nei nostri cervelli e nell'ambiente, risolvendo così problemi come l'nquinamento  e la povertà, aumentando significativamente la nostra longevità, permettendo realtà virtuali che comprendano tutti i nostri sensi (come in 'The Matrix') e la "trasmissione di esperienze" (come in 'Essere John Malkovich') , nonchè un notevole incremento dell'intelligenza umana. Il risultato sarà la fusione della specie creatrice di tecnologie con il processo evolutivo-tecnologico ha cui essa ha dato vita. (...) [Dopo di ciò] l'intelligenza non biologica avrà accesso al proprio design e potrà migliorarsi in un ciclo sempre più veloce di riprogettazione. Arriveremo al punto in cui il progresso tecnologico sarà talmente rapido da essere incomprensibile per l'intelletto umano non incrementato. Quel momento contrassegnerà la singolarità.

Questa è la previsione dello stesso Kurzweil a proposito dello svilupo in futuro dell'intelligenz artificiale. 
Il pezzo è tratto da 'Il cyborg. Saggio sull'uomo moderno' che potete leggere cliccando QUI. Buona lettura...

martedì 11 giugno 2013

Le nanoantenne per le immagini del futuro

Per la prima volta un gruppo di ricerca del MIT è riuscito a integrare più di 4000 nanoantenne ottiche su un chip di mezzo millimetro per lato. Si realizza così l’obiettivo perseguito da decenni di replicare nel campo della fotonica i risultati ottenuti con le applicazioni delle onde radio, che grazie alle schiere di antenne in fase hanno avuto un notevole sviluppo. Gli autori prevedono come prime ricadute tecnologiche le tecniche di imaging su vetro ruvido, tessuti biologici o addirittura liquidi in fase turbolenta.
Le schiere di antenne sono molto utilizzate nella ricerca astronomica, perché consentono di ampliare enormemente la risoluzione delle immagini che si potrebbero ricavare con unico strumento. In un articolo pubbicato su 'Nature' a firma di Jie Sun e colleghi del Laboratorio di ricerca elettronica del Massachusetts Institute of Technology, viene ora descritto un microdispositivo che può essere pensato come l’equivalente di 4000 telescopi su un chip di mezzo millimetro per lato. Si tratta di una schiera nanofotonica in fase (NPA) su larga scala in cui sono integrate nanoantenne ottiche sulla superficie di un chip al silicio. L’idea di utilizzare schiere di antenne con un’unica fonte di alimentazione non è nuova, e può essere fatta risalire alle intuizioni del fisico Ferdinand Braun, premio Nobel nel 1909 ex aequo con Guglielmo Marconi. Sfruttando la relazione tra le fasi delle antenne si riesce infatti a migliorare l’emissione di onde radio in una certa direzione, come è stato fatto nei decenni passati con le trasmissioni televisive e con il radar.

Ecco come appare, in una rappresentazione artistica, la schiera di 64 per 64 antenne ottiche integrate sul chip

Questi ottimi risultati nella banda radio hanno spinto a sfruttare lo stesso principio nelle applicazioni ottiche, con l’obiettivo di migliorare anche in questo campo il controllo del fascio e della sua direzione. E in linea teorica, la lunghezza d’onda molto più breve delle radiazioni ottiche (fino a 700 nanometri contro il metro e più delle onde radio) avrebbe dovuto facilitare il compito di realizzare schiere di piccole dimensioni. Sfortunatamente, due componenti fondamentali del dispositivo, gli accoppiatori, che alimentano ciascuna antenna con un’energia controllata, e gli sfasatori, necessari per controllare la fase di ogni elemento, hanno lunghezze d’onda caratteristiche di decine o centinaia di volte più grandi, e questo finora ha fortemente limitato le applicazioni: le realizzazioni più recenti hanno dimensioni relativamente ampie e integrano schiere di 4x4 antenne.

Microfotografia di una singola nanoantenna


Il dispositivo di Sun e colleghi supera questi ostacoli grazie a un’attenta progettazione dei componenti, che ha consentito di realizzare una schiera di 64x64 unità d’antenna su un chip quadrato con un lato di poco più di mezzo millimetro. Ciascun pixel copre una superficie di 9x9 micrometri, con un lato perciò pari ad appena sei volte la lunghezza d’onda ottica. Le possibili applicazioni del nuovo dispositivo riguardano principalmente le tecniche di imaging attraverso materiali che disturbano la propagazione della radiazione con un forte diffusione, come nel caso di vetri ruvidi o di tessuti biologici. In questi casi è fondamentale la calibrazione locale della radiazione ottica in modo da poter compensare la distorsione causata dal mezzo, una richiesta soddisfatta dalla NPA. Le prestazioni dimostrate dallo studio di Sun e colleghi consentirebbero di andare addirittura oltre, e di ottenere immagini in materiali in cui la diffusione continua a variare nel tempo, come nel caso dei liquidi turbolenti.

FONTE:'Le scienze'

lunedì 10 giugno 2013

Solar Steam, il solare termico che produce vapore grazie alle nanoparticelle

Gli scienziati della 'Rice University' di Houston  (Texas) hanno sviluppato una nuova tecnologia rivoluzionaria che utilizza nanoparticelle per convertire l’energia solare direttamente in vapore. Il nuovo generatore di vapore ad energia solare è stato sviluppato dal LANP, il Laboratorio di Nanofotonica della Rice University, ed è  così efficace che può produrre vapore anche dall’acqua gelata.
I dettagli di questo nuovo metodo di produzione di vapore sono stati pubblicati recentemente sulla prestigiosa rivista ACS Nano. Il prototipo realizzato dagli scienziati ha un rendimento energetico complessivo del 24% , che potrebbe essere ulteriormente incrementato con l’affinarsi della tecnologia. Tuttavia, gli inventori del generatore di vapore solare (Solar Steam) sono convinti che il primo utilizzo del loro dispositivo non sarà per la produzione di energia elettrica, ma piuttosto per la depurazione dell’acqua e la sterilizzazione di dispositivi igienico-sanitari nei Paesi in via di sviluppo. Negli ultimi anni sono stati realizzati numerosi impianti che consentono di produrre  vapore direttamente dall’energia del sole, grazie  all’impiego di concentratori solari.



 Rispetto ai dispositivi conosciuti, questa nuova tecnologia mostra una notevole efficienza grazie alla presenza di nanoparticelle in grado di catturare la luce solare e convertirla in calore. Se immerse in una soluzione acquosa ed esposte alla luce del sole, le nanoparticelle si riscaldano così in fretta da vaporizzare immediatamente l’acqua che le circonda. Il riscaldamento avviene su scala nanometrica: le dimensioni delle particelle possono essere addirittura inferiori alla lunghezza d’onda della luce che le colpisce, il che significa che per dissipare il calore esse hanno a disposizione una ridottissima superficie. 


Questo intenso riscaldamento consente di generare vapore localmente, proprio in corrispondenza della nanosuperficie, in maniera efficiente e del tutto insolita. Per dimostrare a livello pratico quanto questa generazione di vapore localizzato possa essere lontana dall’esperienza comune, i ricercatori della Rice University hanno videoregistrato un esperimento durante il quale la radiazione solare viene diretta su una provetta contenente la soluzione di nanoparticelle immersa ​​ in un bagno di acqua ghiacciata. Nel video si dimostra che concentrando la luce solare sulla provetta è possibile creare vapore direttamente dall’acqua quasi congelata. Per quantificare i possibili sviluppi tecnologici di questo genere di dispositivo, occorre innanzi tutto ricordare che il vapore è uno dei fluidi industriali più utilizzati al mondo. Infatti, circa il 90% dell’energia elettrica è prodotta dal vapore, ma esso è utilizzato anche per sterilizzare i rifiuti sanitari e gli strumenti chirurgici, per preparare il cibo e per purificare l’acqua. Per contenere i costi di produzione, la maggior parte del vapore industriale oggi viene prodotta in grandi caldaie, ma l’efficienza di questi nuovi generatori di vapore ad energia solare potrebbe consentire di realizzare processi economici anche su una scala molto più piccola. Le popolazioni dei  Paesi in via di sviluppo potrebbero essere le prime a vedere i benefici del “vapore solare”. Gli studenti di ingegneria della Rice hanno già creato un’autoclave a vapore solare in grado di sterilizzare strumenti medici e dentali presso le cliniche che non hanno energia elettrica. Inoltre questo  gruppo di ricerca, guidato dalla Prof.ssa Halas, ha vinto uno dei premi stanziati dalla Bill&Melinda Gates foundation per creare un sistema di trattamento dei rifiuti umani utilizzabile su piccolissima scala in zone prive di fognature ed elettricità. Il “vapore solare” ha notevoli potenzialità anche perché non richiede una grande estensione di specchi o pannelli solari per funzionare efficacemente.  
Ad esempio, la finestra di luce nell’autoclave dimostrativa è di pochi centimetri quadrati. Altri usi potenziali del generatore potrebbero essere individuati nell’alimentazione di sistemi ibridi di aria condizionata e riscaldamento, oppure per dissalazione e la depurazione dell’acqua. La Prof.ssa Halas, capofila del progetto, è uno dei massimi esperti mondiali nel campo delle nanoparticelle fotoreattive, utilizzabili in svariati settori della medicina, della diagnostica e della produzione energetica.  Forte di questa esperienza, per la realizzazione di questo generatore di vapore il team di ricerca ha messo a punto una nanoparticella che reagisce a uno spettro di radiazione molto ampio, che si estende anche oltre il campo del visibile, in modo da garantire una grande versatilità d’impiego anche in condizioni non ideali.

Fonte: http://blog.crit-research.it/?cat=19

domenica 9 giugno 2013

L'innvazione della 'motion capture'

La Motion Capture è una tecnica innovativa di animazione digitale, che permette di applicare a soggetti virtuali i movimenti di persone o animali ripresi in tempo reale, riproducendoli istantaneamente sullo schermo tramite appositi sensori, che sono inseriti sia nei punti di giuntura delle ossa che nelle zone di contrazione dei muscoli. 

Gli strumenti attualmente in uso per l’analisi del movimento, di tipo stereofotogrammetrico, magnetico o elettromeccanico, forniscono risultati molto precisi, ma devono essere usati in locali speciali, che sono vincolanti per il soggetto in esame. 
Queste tecnologie possono anche fare uso di piccoli LED attaccati in punti chiave sul busto, sugli arti e sulla testa di una persona, ed attraverso i movimenti di questi punti che sono catturati da una serie di telecamere, si può creare uno scheletro virtuale del soggetto, che in seguito potrà guidare i movimenti rielaborati al computer.
Per superare questi problemi sono stati progettati dei “sensing garments” mediante l’integrazione di sensori basati su di un elastomero conduttore con un tessuto elastico. Dato che questi sensori hanno proprietà piezoresistive, la deformazione del tessuto può essere correlata ad una variazione della resistenza elettrica del sensore.
La realizzazione di questi nuovi dispositivi indossabili basati su tessuti elettronici, utili nel campo della “motion capture”, sfrutterà la tecnologia MEMS composta da giroscopi, accelerometri, emettitori di ultrasuoni e microfoni, realizzando un sistema economico ed affidabile per la rilevazione dei movimenti del corpo umano.
 Tutto questo può rappresentare una sorta di evoluzione delle attuali tecniche di motion capture, utilizzate normalmente in ambito cinematografico e videoludico, per la creazione di modelli grafici tridimensionali in grado di imitare le movenze umane.
Il monitoraggio dei parametri legati ai movimenti umani trova molteplici applicazioni sia in campo medico come nella diagnostica e nella riabilitazione, che nelle applicazioni di computer animation nei videogames.
 In particolare nel settore della “motion capture” il guanto, usato per la riproduzione in ambiente virtuale dei movimenti della mano, è uno dei device più critici dal punto di vista realizzativo, ma nello stesso tempo è uno dei più interessanti in termini di opportunità nel mercato hi-tech. 
Per questo motivo sono molte le aziende nanotech che si impegnano nel centrare l’obiettivo della progettazione di un device affidabile e dai costi contenuti.
Lo sviluppo di un tessuto nanotech del guanto, che porterà vantaggi in termini di costo, adattamento ai movimenti, vestibilità, leggerezza e comfort, la progettazione di sensori e connessioni del guanto, la costruzione di un adeguato sistema di trasmissione dei segnali dal device al PC sono le principali innovazioni proposte da queste ricerche tecnologiche. Per quanto detto un ruolo fondamentale in questa tipologia di prodotti è interpretato senz’altro dall’elettronica ma, ancor più, dai tessuti che li costituiscono e ne determinano le caratteristiche sia fisiche che ergonomiche.
Ecco un video che mostra in concreto l'applicazione della motion capture attraverso gli studi effettuati e gli asperimenti condotti con l'uomo sulle apparecchiature... buona visione!!!
 
 

giovedì 6 giugno 2013

Un pò di storia delle nanotecnologie

DA DOVE TUTTO EBBE INIZIO...

La storia delle micro-nano tencologie è relativamente recente in quanto l'arco temporale che queste moderne applicazioni scientifiche coprono va dalla metà del secolo scorso fino ai giorni nostri.
Di seguito saranno illustrate le tappe fodamentali dello sviluppo nanotecnologico:

Il 29 dicembre 1959 il celebre fisico Richard Feynman tenne un discorso, intitolato "Thre’s Plenty of room at the bottom", al Californian Institute of Technology, nell’ambito del convegno annuale dell’American Phisical Society.
"Voglio parlare della manipolazione e del controllo delle cose su piccola scala" - spiegava alla platea Feynman -. "Per quanto ne so, i principi della fisica non impediscono di manipolare le cose atomo per atomo".
Poi, numeri alla mano, passò a dimostrare come fosse possibile trascrivere tutti i 24 volumi dell'Enciclopedia Britannica sulla punta di uno spillo. Feynman vinse il premio Nobel per la fisica nel 1965.



La prima svolta per mettere in pratica le idee di Feynman, arrivò nel 1983. Binning e Rohrer misero a punto lo Scanning Tunneling Microscope (Stm).
Grazie a un effetto quantistico, questo strumento consente di vedere singoli atomi sulla superficie di un materiale conduttore, in grado cioè di consentire il passaggio della corrente elettrica grazie alla sua particolare struttura molecolare.
L’invenzione, che permette di aprire una finestra per l’occhio umano sull’infinitamente piccolo, dà il la alle applicazioni moderne di nanotecnologie. Nel 1986 per Binning e Rohrer arrivò il premio Nobel.



Nel 1989, all’Almaden Research Center di San José in California, il fisico Don Eigler mise a punto una variante dell'Stm che permette non solo di vedere gli atomi, ma anche di spostarli. Eigler dimostrò le capacità del suo strumento deponendo alcuni atomi di xenon su uno strato di nichel in modo da formare tre lettere: I, B e M. Tale sviluppo pose le basi per cominciare a manipolare la materia nell'infinitesimamente piccolo.



Nel 2012 un gruppo di ricerca dell'Università australiana New South Wales, coordinato dalla professoressa Michelle Simmons, ha realizzato il transistor più piccolo della storia. E' formato da un unico atomo di fosforo installato su una superficie di silicio. I ricercatori attraverso il microscopio STM hanno individuato un gruppo di sei atomi di silicio e hanno sostituito un atomo di fosforo al posto di uno di questi.
La scoperta rivoluzionaria apre le porte ai cosiddetti qubits, bit quantistici in grado di assumere molti più valori rispetto al tradizionale bit del sistema binario. Per la prima volta il gruppo di ricerca è riuscito a controllare un singolo atomo con un livello di accuratezza altissimo.


mercoledì 5 giugno 2013

Anche l'uomo diventerà invisibile

Il "mantello dell'invisibilità" di Harry Potter è un po' più vicino a diventare realtà grazie alla ricerca sulle nanotecnologie finanziata dalla Commissione europea. Scienziati provenienti da Germania, Grecia, Turchia e Regno Unito sono riusciti a modificare il flusso della luce grazie alle nanotecnologie, aprendo la strada non solo a potenziali applicazioni nel settore delle lenti e dei circuiti ottici, ma anche alla creazione di dispositivi tridimensionali "esotici" come i "mantelli dell'invisibilità". Il progetto per ora si limita a rendere invisibili oggetti di dimensioni inferiori al millimetro, ma ha fornito una prova di principio fondamentale della possibilità di elaborare le proprietà ottiche dei materiali in modi finora ritenuti impossibili. Il progetto fa parte delle iniziative della Commissione volte a potenziare la ricerca nelle TIC ad alto rischio nel settore delle tecnologie dell'informazione future ed emergenti, un obiettivo dell'Agenda digitale per l'Europa. Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea e responsabile dell'Agenda digitale, ha dichiarato: "Sono stupefatta dall'ingegnosità dei ricercatori europei. Questo progetto ha ottenuto nella realtà qualcosa che finora avevamo visto solo come effetto speciale al cinema. Ricerche così importanti sono fondamentali per creare le basi di nuove tecnologie indispensabili per la competitività europea.". Gli scienziati del progetto PHOME hanno progettato e creato "meta-materiali fotonici" che condizionano il comportamento dei raggi luminosi. Questo importante progresso si basa sul principio dell'ottica di trasformazione, ambito nel quale l'equipe che conduce il progetto ha svolto un ruolo pioneristico.
I meta-materiali hanno il potere di catturare la radiazione elettromagnetica e deviarla progressivamente. Vengono creati grazie all'ingegneria delle nanotecnologie, che manipola la materia a livello di atomi e molecole.                                                 Il "mantello dell'invisibilità" è costituito da piccolissime aste, larghe poche centinaia di nanometri e disposte accuratamente secondo una struttura simile a una catasta di legna in modo da poter curvare parzialmente le onde luminose.
 Modificando la velocità e la direzione della luce, gli scienziati sono in grado di guidare le onde luminose attorno a una protuberanza di pochi micron in modo da renderla invisibile in tre dimensioni, a lunghezze d'onda luminose prossime a quelle visibili all'occhio umano.Gli oggetti vengono rilevati quando le onde – che si tratti di suono, luce, raggi X o microonde – rimbalzano sulla loro superficie così da permettere ai nostri occhi di elaborare le informazioni ricevute. Attualmente si sta studiando come estendere l'effetto alla gamma visibile e i risultati sono previsti per gennaio. Finora i "mantelli dell'invisibilità" funzionavano solo in due dimensioni, l'oggetto occultato era cioè invisibile dall'alto ma diventava visibile se osservato di lato. Questo studio è il primo che ha portato alla creazione di un dispositivo che rende un oggetto invisibile in tutte e tre le dimensioni.


In futuro questa ricerca potrebbe avere applicazioni nello sviluppo di componenti ottici del tutto nuovi, come lenti perfette, dispositivi per immagazzinare la luce e componenti importanti per laser e applicazioni di optoelettronica, come modulatori e isolatori oppure la progettazione di dispositivi di rilevamento non invasivi nel campo della ricerca biomedica. 
Secondo il Sunday Times la scoperta potrebbe portare a una nuova generazione di mezzi stealth, di aria ma anche di terra, che non sfuggono solo ai radar come gli attuali bombardieri in dotazione all'aviazione militare Usa, ma anche alla vista.
Sebbene mantelli in grado di rendere invisibili interi individui siano fuori dalla portata della scienza e della tecnologia attuali, la ricerca ha dimostrato un principio importante ritenuto impossibile fino a tempi recenti.

martedì 4 giugno 2013

E nella vita quotidiana del futuro...

Se la nanotecnologia entrerà a far parte della nostra vita quotidiana, in apparenza non ci saranno cambiamenti radicali. Alla gente piacerà ancora sedersi ai tavolini all’aperto dei caffè, anzi sarà ancora più gradevole perché il rumore dei motori a scoppio sarà stato sostituito da un ronzio discreto e da una vibrazione simile a quella delle porte stagne nell’Enterprise di Star Trek. L’odore di benzina sarà sostituito dall’odore passeggero, a stento percepibile, del metanolo utilizzato per le celle a combustibile. Il servizio sarà estremamente rapido; la scelta operata direttamente sul menù elettronico attiverà automaticamente la cucina. Si potrà pagare il contoin euro facendo scorrere la propria carta di pagamento sul simbolo “euro” stampato in un angolo del menù. 
Nanoparicelle in nanosoluzioni diventano fluorescenti in 
presenza di luce ultravioletta, altrimenti restano invisibili

  Le mance saranno sempre lasciate in monete perché fanno un rumore tanto piacevole. E l’igiene sarà garantita, perché le monete saranno rivestite di nanoparticelle antibatteriche. Le vetrine dei caffè saranno molto care perché avranno svariate funzioni, con il che in fin dei conti risulteranno economiche: resisteranno alla sporcizia e ai graffi, si scuriranno automaticamente quando la luce è troppo intensa, trasformeranno la luce in energia elettrica e se ce ne sarà bisogno si accenderanno come uno schermo gigante. Sarà divertente guardarsi la Coppa del mondo standosene dentro o davanti ad un caffè, insieme con altra gente. Con una nanoelettronica matura sono concepibili dispositivi di grande eleganza come una vera agenda elettronica digitale delle dimensioni di una carta di credito (naturalmente sarebbe possibile farla anche più piccola ma sarebbe meno maneggevole).
Vetro fotocromico - la trasparenza di questi vetri può essere
regolata per via elettronica, ad esempio per la dimatizzazione
per gli uffici del futuro

  L’oggetto potrebbe essere un monolite nero opaco senza strutture riconoscibili, con la superficie nera che capta la luce solare e la trasforma in elettricità; resisterebbe ai graffi e sarebbe rivestito da uno strato finissimo di diamante, sotto il quale si troverebbe uno strato sottile in piezoceramica che convertirebbe il suono in elettricità e viceversa per consentire la comunicazione vocale. Naturalmente sarebbe anche capace di trasmettere dati attraverso la luce e le onde radio.

La tastiera virtuale, il sistema interpreta il passaggio del dito
su un tasto proiettato come su uno reale

  Questo dispositivo potrebbe anche vedere mediante un obiettivo piatto e un chip di conversione di immagini ad alta definizione, si accenderebbe come uno schermo e servirebbe da registratore, macchina fotografica, televisione, telefonino e, grazie al GPS, da strumento di orientamento. Su richiesta leggerebbe, tradurrebbe e spiegherebbe il menù di un bistrot parigino, farebbe l’ordinazione in un francese impeccabile e pagherebbe il conto.
Naturalmente saprebbe riconoscere le voci e le impronte digitali delle persone autorizzate ad utilizzarlo, proteggendosi così da usi impropri.





domenica 2 giugno 2013

La rivoluzione energetica


Le nanotecnologie sono utilizzati in diverse applicazioni legate all’energia. È importante distinguere tra le applicazioni legate alla produzione dell’energia, le applicazioni legate all’immagazzinamento dell’energia e le applicazioni legate al risparmio energetico.
Una importante applicazione delle nanotecnologie nella produzione dell’energia si trova nelle celle fotovoltaiche. Un settore molto importante delle celle fotovoltaiche è quello basato su materiali organici e substrati flessibili. In queste applicazioni l’utilizzo di nanoparticelle come fullereni e nano tubi contribuisce a superare uno dei maggiori fattori limitanti di questa applicazione e cioè la resa della cella. Inoltre, come accennato in precedenza, l’utilizzo di rivestimenti nano strutturati ad elevate proprietà barriera contribuisca ad allungare al vita del prodotto. Un altro settore di applicazione delle nanotecnologie è quello della produzione di micro-batterie. Anche in questo caso l’impiego delle nanotecnologie è duplice; infatti, si usano sia nei rivestimenti di tali dispositivi che nei materiali attivi. In entrambi i casi, la finalità è quella di accrescere la capacità di immagazzinamento di questi dispositivi in modo da renderli utilizzabili per l’alimentazione di dispositivi portatili.
Le celle a combustibile sono un sistema di produzione dell’energia che sfrutta l’idrogeno come risorsa principale. 

illustrazione di una cella a combustibile
 
L’utilizzo di nano tubi di carbonio e nano tubi metallici altamente porosi consente di poter immagazzinare l’idrogeno necessario al funzionamento della cella a combustibile. È di fondamentale importanza considerare che il prodotto di reazione della cella a combustibile è acqua, quindi questo sistema di produzione alternativo alle tradizionali batterie ha anche il vantaggio di un basso impatto ambientale.
Le nanotecnologie trovano applicazione anche nella produzione di dispositivi per l’illuminazione a basso consumo di energia e basso ingombro. In particolare la produzione di led e led organici (o-led) vede una larga applicazione di nanotecnologie.

LED a diversa colorazione

La OSRAM sta producendo dei led basati su nano cristalli a bassissimo consumo di energia. I LED (diodi emettitori di luce) realizzati con strati nanometrici ad alta efficienza che convertono l’elettricità in luce, possono ormai produrre anche luce bianca e dunque sostituire la tecnologia tradizionale. Questa sostituzione comporterebbe notevoli risparmi, in quanto i LED richiedono solo il 50% dell energia elettrica consumata da una lampadina normale per dare la stessa quantità di luce.

giovedì 30 maggio 2013

La rivoluzione del carbonio


I NANOTUBI

I nanotubi di carbonio sono stati scoperti intorno al 1985 dal chimico americano Richard E. Smalley, il quale osservò che in determinate condizioni gli atomi di carbonio sono in grado di organizzarsi in strutture ordinate di forma sferica, che dopo un successivo rilassamento tendevano ad arrotolarsi su se stesse dando origine alla tipica forma cilindrica che ritroviamo all’interno dei nanotubi in carbonio. 

rappresentazione schematica
       di un nanotubo in carbonio

superficie in grafene di un nanotubo





























 


I nanotubi in carbonio esistono in tre differenti forme: anzitutto abbiamo i nanotubi a parete singola formati da un singolo foglio di grefene arrotolato su se stesso, poi abbiamo i nanotubi a parete doppia formati dall’arrotolamento di due strati grafenici e infine abbiamo i nanotubi a multiparete formati da più fogli grafenici arrotolati coassialmente su se stessi. Di queste tre differenti tipologie di nanotubi, quelli più facili da ottenere sono gli ultimi, che non richiedono condizioni di crescita troppo particolari.
I nanotubi in carbonio possiedono caratteristiche meccaniche si altissimo livello, associate a un peso specifico (quello del carbonio) che è di molte volte inferiore a quello della maggior parte dei metalli utilizzati in campo industriale. È stato calcolato che un nanotubi può avere una resistenza alla trazione cento volto più grande dell’acciaio pesando però sei volte di meno rispetto a quest’ultimo. Senza contare che i nanotubi non presentano solo una elevatissima resistenza alla rottura per trazione, ma sono dotati anche di una buona flessibilità, dato che sono in grado di piegarsi senza rompersi o danneggiarsi fino ad angoli di 90°. L’estrema resistenza alla trazione unita alla loro flessibilità rende i nanotubi ideali per l’uso come rinforzo per i materiali polimerici, producendo nanocompositi dalle prestazioni elevatissime. Inoltre, l’uso dei nanotubi nella produzione di fibre può portare alla produzione di compositi estremamente più resistenti degli attuali compositi basati sulle fibre di carbonio tradizionali. 
 
 



        Fotografie in microscopia SEM dei                                 nanotubi in carbonio






                                                                       

                                                                                                                               
                                                                                                                                Da un punto di vista elettrico i nanotubi in carbonio possono comportarsi sia come conduttori che come semiconduttori, a seconda delle condizioni nelle quali sono stati sintetizzati. Ciò rende molto interessanti questi materiali per eventuali applicazioni nel campo dell’elettronica e dell’optoelettronica (branca dell' elettronica che studia i dispositivi elettronici che interagiscono con la luce e le loro applicazioni). Molti ricercatori del campo dell’elettronica, stanno lavorando alla possibilità di utilizzare i nanotubi in sostituzione dei tradizionali conduttori e semiconduttori utilizzati per la costruzione dei chip. Ciò in virtù soprattutto di un peculiare fenomeno osservato all’interno dei nanotubi e chiamato conduzione balistica, per il quale quando gli elettroni trasportati passano all’interno del nanotubi, questo è in grado di portare corrente senza scaldarsi. Questa particolare proprietà rende i nanotubi molto interessanti per la realizzazione di nanocavi e cavi quantici, che potrebbero affiancare il silicio nel campo dell’elettronica e consentire il passaggio dalla microelettronica alla nanoelettronica. È stato calcolato, infatti, che un processore realizzato con transistor di nanotubi potrebbe tranquillamente superare i 1000GHz di potenza superando tranquillamente tutte le barriere di miniaturizzazione imposte oggi dall’uso del silicio. Le proprietà di conduzione elettrica dei nanotubi possono essere modificate drogandoli, ossia inserendo all’interno della loro struttura degli atomi aventi le caratteristiche ricercate (un po’ come si fa con il silicio). Tra i risultati più interessanti in questo campo va citata la realizzazione di un diodo, formato da due nanotubi, che permette il passaggio di corrente solo in un senso, esattamente come nei normali diodi in silicio. La differenza fra questi ultimi e il diodo realizzato con i nanotubi sta soltanto nelle dimensioni.  La limitazione principale all’utilizzo dei nanotubi in carbonio è attualmente rappresentato dal loro elevatissimo costo, giustificato dalle complesse condizioni nelle quali devono essere sintetizzati.

mercoledì 29 maggio 2013

Verso il mondo dell'invisibile!

Sembrerà incredibile, ma grazie a scotch  e matita che è cominciata l'avventura che ha portato gli scienziati russi Andre Geim e Konstantin Novoselov a raggiungere il premio nobel il 5 ottobre di tre anni fa. Hanno passato e ripassato la mina all'interno del nastro adesivo, ottenendone particelle sempre più piccole: il grafene. Nient'altro che fogli spessi un atomo di carbonio puro: un materiale che fa parte della storia dell'uomo da centinaia di anni. Questo materiale, tra l'altro, è destinato a rivoluzionare i chip, mandando in pensione il silicio.  Tramite le applicazioni delle nanotecnologie si possono realizzare transistor su scala nanometrica e dispositivi quantistici con maggiori funzioni ( computazione quantistica ) rispetto a quelli classici utilizzati correntemente nell'industria elettronica. Se negli ultimi 50 anni l'informatica ha contribuito in modo determinante allo sviluppo, nei prossimi 50 saranno le Nanotecnologie a dare nuovo impulso all'innovazione creando nuovi materiali e prodotti dalle caratteristiche prima inimmaginabili.
Si riusciranno a realizzare oggetti molto robusti e, al contempo, estremamente leggeri; ciò sarà molto utile nell'aviazione o per costruire schermi giganti che costeranno pochissimo. Propio nella fabbricazione di schermi si vedranno con ogni probabilità gli sviluppi più rapidi. Il colosso coreano Samsung è in pole position per lanciare entro due anni i sottilissimi schermi fatti di grafene, materiale destinato a rivoluzionare anche i chip mandando in  pensione il silicio.
"Gli elettroni si muovono a una velocità straordinaria all'interno del grafene tanto che, se lo confrontassimo col silicio sarebbe come far correre una biclicletta contro una macchina di formula 1"- questo è il pensiero di Heike Riel, manager del gruppo di ricerca sugli elettroni in nanoscala all'IBM.

Touch screen al grafene
Aggiungiamo all'elenco pannelli solari e batterie ad alte prestazioni; da tutto ciò si comprende l'interesse che ci sia al passaggio dalla progettazione alla produzione industriale.
Un altro colosso, quello taiwanese della Polytron ha ultimato un prototipo di smartphone totalmente trasparente. Al momento c'è solo l'hardware e alcune parti, come la SIM, la micro-SD e la batteria sono ben visibili tra gli strati di vetro. Eppure, Polytron intende portare presto sul mercato un apparecchio perfettamente funzionante, con tanto di software «invisibile».                              Il materiale utilizzato per la struttura esterna è ovviamente il grafene. Il prototipo ha un piccolo pannello touch al centro; i vari sensori e il processore sono posti ai bordi. Altre aziende importanti stanno lavorando a dispositivi flessibili e trasparenti, come la società di telefonia giapponese NTT Docomo che, in collaborazione con Fujitsu, ha presentato qualche tempo fa il prototipo di schermo double face trasparente ed utilizzabile da entrambe le parti. Vero o presunto che sia, pure l'ultimo rumor che riguarda la Apple parla di un iPad in versione trasparente.

Progetto di un I-Pad trasparentete
Insomma, l'eredità di Steve Jobs influenza pesantemente le nuove ricerche nel campo della microtecnologia. Si cerca continuamente di migliorarsi, di creare nuovi modelli di dispositivi elettronici in grado di aumentare sia la quantità che la qualità delle prestazioni dei modelli precedenti.
In questo senso arriveremo a un mondo in cui potremo dosporre di sempre maggiori oggetti, tutti a portata di mano.
M proviamo, per un momento a immaginare come sarà il nostro futuro nanotecnologico...

martedì 28 maggio 2013

Essere 'Preda' dell'intelligenza artificiale

"[...]Gli sciami non avevano un leader e neppure un'intelligenza centralizzata. La loro intelligenza derivava dalla somma delle singole particelle. Queste si auto-organizzavano a formare uno sciame, e questa auto-tendenza all'auto-organizzazione produceva risultati imprvededibili. Era davvero  impossibile sapere come si sarebbero comportate di lì a poco [...]"

Queste sono le considerazioni di Jack, protagonista del romanzo 'Preda', che, trovandosi davanti i risultati di anni di studi nella loro sembianza peggiore, si abbandona a un torpiloquio che preferisco baipassare.
Ciò che provoca tanta rabbia e altrettanto terrore è uno sciame di nanomolecole che è fuoriuscito dal laboratorio della MediaTronics, azienda per la quale lavorava Jack, sfuggendo al controllo degli scienziati e ha cominciato ad agire in modo autonomo, e, cosa più grave, ha iniziato ad evolversi con grande velocità ed ha indivituato la sua preda: l'uomo.
Tanto per rammentare brevemente la trama del libro: Jack ha perso il lavoro ed ora è costretto a fare da balia ai tre figli. La moglie Julia è il vicepresidente della Xymos, un'azienda del Nevada specializzata in tecnologia d'avanguardia dove un equipe di scienziati sta cercando di mettere a punto una nuova teconologia medica ovvero micro-videocamere che, lanciate all'interno del corpo umano, sono in grado di effettuare diagnosi di estrema precisione.
In seguito Jack riceve una proposta di lavoro proprio dagli ex datori che consiste in una consulenza per risolvere un problema con un sistema distribuito, il predprey (predatore-preda), fornito in concessione proprio alla Xymos. Dopo essersi recato sul posto Jack fa la macabra scoperta delle microparticelle.

Uno sciame di micro robot del progetto open source swarmrobot.org.
Il caso presentato nel romanzo di Michael Crichton può essere considerato come un lite catastrofico al quale l'uomo non arriverà mai; tuttavia anche in questa terribile prospettiva si cela un interessante motivo di riflessione.
Quali sono i rischi concreti che possono portare le moderne micro-tecnologie?
Il rischio più temuto riguarda la fabbricazione dei nano-materiali ed in particolare l'esposizione degli operatori alle particelle emesse durante il processo. Inoltre, nel caso in cui questi materiali vengano utilizzati in grosse quantità, come per le vernici e gli smalti, sussiste un forte rischio di dispersione nell'ambiente delle pericolose particelle.
È stato provato che le nano-particelle possono penetrare il corpo umano attraverso i polmoni e, in alcuni casi, raggiungere il cervello;dati sulla possibilità di assorbimento cutaneo non sono invece ancora disponibili. Finora i nanomateriali sono stati così poco compresi che gli scienziati non sono in grado di predire come si comporteranno e di testare la loro sicurezza. Più di 1.000 articoli di consumo manifatturati con nanoparticelle, che possono essere fino a 100 volte più piccole di un virus, sono già sul mercato, nonostante la quasi totale assenza di dati certi sui pericoli che comportano per .la salute umana e l'ambiente. E mentre queste particelle atomiche possono essere un beneficio in alcune applicazioni mediche, scienziati e ambientalisti richiedono maggiori studi. Fino ad oggi sono pochi gli effetti nocivi riscontrati di questa nuova tecnologia virtualmente non regolamentare. Ma questa mancanza potrebbe essere dovuta proprio agli scarsi studi che sono stati condotti nella fretta di trovare un sempre maggior numero di applicazioni nanotech redditizie. Insomma, neppure tra l'elite di scienziati c'è una completa armonia a proposito dei possibili danni che le nanotecnologie potrebbero causare sia all'uomo che all'ambiente. Sono necessari ulteriori studi e approfondimenti che certifichino il reale pericolo che  le moderne applicazioni elettroniche possono provocare. Solo il tempo risolverà tale dubbio; intanto è necessario continuare a studiare e finanziare la ricerca in tal senso al fine di renderla più sicura possibile, affinche cioè l'uomo o la natura non ne diventi la PREDA principale.
Ora parola agli esperti...


mercoledì 22 maggio 2013

I transistor

I transistor vengono impiegati in ambito elettronico, principalmente, come amplificatori di segnali elettrici o come interruttori elettronici comandati da segnali elettrici ed hanno sostituito praticamente quasi del tutto i tubi termoionici (valvole). Il termine transistor deriva da "TRANSconductance varISTOR". Il primo transistor fu realizzato con punte di contatto e aveva le dimensioni di circa un centimetro. Fu costruito negli Stati Uniti nel 1947 da Walter Brattain, che insieme a William Shockley e John Bardeen ricevette il premio Nobel per la fisica nel 1956, con la motivazione: "per le ricerche sui semiconduttori e per la scoperta dell'effetto transistor". Il primo tipo di transistor sperimentato e poi prodotto fu il transistor bipolare o BJT , in cui sia elettroni che lacune contribuiscono al passaggio della corrente. In seguito furono creati altri tipi di transistor, in cui il passaggio di corrente avveniva grazie ad un solo tipo di portatori di carica (o elettroni o lacune), detti FET, acronimo di Field Effect Transistor.Sia i FET che i BJT, nel tempo, hanno dato origine a molti tipi diversi di transistor, usati per gli scopi più svariati. I transistor generalmente hanno tre piedini (pin) denominati: BASE, COLETTORE e EMETTITORE ed hanno due tipi di polarizzazione NPN e PNP.


POLARIZZAZIONE DEI TRANSISTOR
Nei transistor NPN il positivo di alimentazione va applicato sul collettore e il negativo all' emettitore e a massa.Nei transistor PNP il positivo di alimentazione va applicato all' emettitore e a massa e il negativo al collettore.
In questo contesto tre parole chiave sono:
- Zona attiva diretta: quando la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente e la giunzione base-collettore inversamente.
- Saturazione: quando entrambe le giunzioni sono polarizzate direttamente.
- Interdizione: quando entrambe le giunzioni sono polarizzate inversamente (e quindi il transistor non conduce).

LE TRE CLASSICHE CONFIGURAZIONI
In genere si è soliti amplificare un segnale applicando il transistor sulla Basa e prelevandolo dal Collettore.
Questa però non è l'unica configurazione possibile, di seguito vi elencherò le più usate:
-Common Emitter (Emettitore comune)
In questa configurazione il segnale da amplificare si applica sulla Base e il segnale amplificato si preleva dal collettore. Così configurato una piccola variazione di corrente sulla Base determina un'ampia variazione di corrente di Collettore. Il segnale amplificato che si preleva sul Collettore risulta sfasato di 180 gradi rispetto a quello applicato sulla Base in pratica la semionda positiva si trasforma in negativa e quella negativa in positiva.
Transistor- configurazione a emettitore comune

-Common Collector (Collettore comune)
In questa configurazione il segnale da amplificare si applica sulla Base e si preleva dall' Emettitore. Poiché questa configurazione non amplifica viene usata come stadio separatore per convertire un segnale ad alta impedenza in un segnale a bassa impedenza.   Il segnale che si preleva sull' Emettitore non risulta sfasato e la semionda positiva applicata sulla Base rimane positiva sull'uscita dell'emettitore, e la semionda negativa applicata sulla Base rimane negativa sull'emettitore.
transistor- configurazione a collettore comune.

-Common Base (Base comune)
In questa configurazione il segnale da amplificare si applica sull'Emettitore e si preleva sul Collettore. In questa configurazione una piccola variazione di corrente sull'Emettitore determina una media variazione di corrente sul Collettore. Il segnale che si preleva dal Collettore non risulta sfasato, cioè la semionda positiva e la semionda negativa che entrano sull' Emettitore si prelevano in uscita dal Collettore nuovamente positiva e negativa.
Transistor- configurazione a base comune


Come già detto in precedenza il transistor è un dispositivo che amplifica in corrente, quindi una piccala variazione di corrente sulla base darà come risultato una elevata variazione di corrente sul collettore (configurazione common emitter). Ovviamente per svolgere al meglio le sue funzioni il transistor ha bisogno di essere integrato da altri componenti che determineranno il grado di polarizzazione, il guadagno, e la qualità del risultato finale. Tra questi componenti i più usati sono le resistenze, nel progettare stadi a transistor bisogna temere in considerazione alcuni parametri molto importanti quali  Tensione, Corrente, Resistenza, Impedenza.



lunedì 20 maggio 2013

IBM e il progetto di un cervello digitale

In un’impresa senza precedenti, IBM e cinque prestigiose università hanno avviato una collaborazione per la creazione di sistemi di calcolo che dovrebbero simulare le capacità di sensazione, percezione, azione, interazione e cognizione del cervello umano. La quantità di dati digitali cresce all’allarmante tasso del 60 per cento ogni anno, offrendo alle imprese l’accesso a nuovi incredibili flussi di informazioni. Ad ogni modo, senza la capacità di monitorare, analizzare e reagire a queste informazioni in tempo reale, la maggior parte del valore può andare perduto. Fino a quando i dati non vengono acquisiti e analizzati, le decisioni e gli interventi possono essere ritardati. Il “cognitive computing” offrirebbe l’opportunità di realizzare sistemi in grado di integrare e analizzare vaste quantità di dati da molte fonti in un batter d’occhio, consentendo alle imprese o ai singoli individui di prendere decisioni rapide in tempo per ottenere vantaggi significativi.
Il progetto, finanziato per una cifra di quasi 5 milioni di dollari dalla DARPA (Defense advanced Research Projects Agency) per la sola fase iniziale, rientra nel programma chiamato Synapse (Systems of Neuromorphic Adaptive Plastic Scalable Electronics) e durerà circa 9 mesi, ultimati i quali dovrebbe essere completato il primo computer in grado di ricreare capacità proprie del cervello umano: percezione, cognizione, azione ed interazione, simulandone anche l'efficienza, la rapidità di calcolo e gestione di numerose informazioni in simultanea, nonché i bassi consumi.
 "La mente ha la straordinaria capacità di integrare informazioni tratte da una varietà di sensi, come vista, udito, tatto e olfatto e può creare categorie di spazio, tempo e interrelazioni senza fatica" ha dichiarato Dharmendra Modha, manager dell'iniziativa di IBM. "Attualmente non esistono computer che possano anche solo avvicinarsi in maniera remota alle sue capacità. La mente nasce 
dalla complessità del cervello". L'obbiettivo finale è quello di smentire categoricamente  questo tipo di affermazione.
Ispirandosi alla struttura, alla dinamica e al comportamento del cervello, il team di ricerca impegnato nel progetto si propone di rompere il paradigma di macchina programmabile convenzionale. Sostanzialmente, si spera di eguagliare il basso consumo energetico e le dimensioni ridotte del cervello, utilizzando dispositivi in nanoscala per sinapsi e neuroni. Questa tecnologia potrà portare alla realizzazione di architetture di calcolo e paradigmi di programmazione totalmente nuovi. L’obiettivo finale è poter disporre di computer onnipresenti, dotati di una nuova intelligenza in grado di integrare informazioni provenienti da svariati sensori e da svariate fonti, di gestire l’ambiguità, di rispondere in modo dipendente dal contesto, di apprendere nel corso del tempo e di eseguire il riconoscimento di modelli, per risolvere problemi difficili basati su percezione, azione e cognizione, in ambienti reali complessi.


La proposta di IBM “Cognitive Computing via Synaptronics and Supercomputing (C2S2)” traccia le linee della ricerca che sarà condotta nei prossimi nove mesi, in aree quali sinaptronica, scienza dei materiali, circuiti neuromorfi, simulazioni con supercomputing e ambienti virtuali. La ricerca iniziale sarà incentrata sulla dimostrazione di dispositivi simili alle sinapsi, a basso consumo, su nanoscala e sulla scoperta dei microcircuiti funzionali del cervello. La missione a lungo termine di C2S2 è realizzare computer cognitivi compatti, a basso consumo, che si avvicinino all’intelligenza dei mammiferi.
Di recente, il solo team IBM di cognitive computing ha dimostrato la simulazione in tempo quasi reale sulla scala del cervello di un piccolo mammifero, utilizzando gli algoritmi di calcolo cognitivo con la potenza del supercomputer BlueGene IBM. Con questa capacità di simulazione, i ricercatori stanno sperimentando varie ipotesi matematiche della funzione e della struttura cerebrale, lavorando alla scoperta di micro e macro circuiti computazionali essenziali del cervello.
Questo progetto, avviato nell'ormai lontano 2008, è destinato a "digitalizzare" ulteriormente il nostro stile di vita che sarà sempre meno operativo e, d'altro canto, sempre più condizionato dalla realizzazione di automi digitali. Un modello a lungo termine che ci permetterà di progettare apparecchiature nano meccatroniche sempre più sofisticate in grado, come si è appena visto, di ragionare con una velocità e un' efficienza straordinaria, lontana anni-luce dalle facoltà umane.

"Today we stand poised on the brick of a new era of computing in which tecnology is more consumable, insight-driven and cognitive. IBM Research is exploring and developing the enabling tehnologies that will transform the way computers are used." 
(Ginny Rometty; IBM president and CEO)

         IBM Research - Zurich, IBM Client Center, Roadshow 2013, SyNAPSE, cognitive computing